sabato, 27 Aprile 2024
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La Somalia in balia della deforestazione

Data la povertà della maggioranza della popolazione, il traffico illegale di carbone di legna è ad oggi un’attività a cui nessuno intende rinunciare. Illegale ma remunerativa, insostenibile per l’ambiente ma del tutto ignorata dal governo, che, col suo silenzio, fa da spettatore al suicidio del paese

In Somalia, l’aumento del prezzo del gas ha costretto gran parte della popolazione a ricorrere a fonti di energia alternative, favorendo il prosperare del commercio di carbone di legna, derivato dalla combustione di rami e tronchi. Sebbene questa opzione sia decisamente conveniente per i risparmi degli abitanti, gli ambientalisti lanciano l’allarme a causa dell’insostenibilità della sua produzione, che accelererebbe il cambiamento climatico, danneggiando l’intero ecosistema mondiale.

Al momento, nel paese, che sta attraversando la peggior siccità degli ultimi quarant’anni, il traffico di carbone di legna sta contribuendo alla devastazione del suolo attraverso la deforestazione.

Abdilatif Hussein Omar, direttore esecutivo di Action for Environment, organizzazione che opera nel Corno d’Africa, ha dichiarato al Guardian che il disboscamento in corso è talmente fuori controllo da aver portato all’eliminazione della maggior parte degli alberi piantati lungo le rive del fiume Shabelle, che dall’Etiopia scende fino a Mogadiscio. Hussein sostiene che sia il denaro il principale motore di questo processo che ha ormai preso piede nel paese. «Piove meno perché le persone abbattono più alberi per soddisfare la domanda di carbone di legna, il che significa che le colture non sono in grado di crescere e ciò si ripercuote sugli agricoltori e sul bestiame che dipendono dalla terra per la sopravvivenza» ha affermato.

Secondo la ricostruzione del Guardian, il disboscamento avviene per un periodo di due o tre mesi, in cui gli alberi vengono tagliati per ricavarne legna da vendere agli “uomini d’affari” alle porte della capitale, che, bruciandola, otterranno carbone.

Il governo non ha progettato alcuna misura concreta in risposta al problema della deforestazione e del commercio illegale di carbone di legna. Del vuoto normativo che ne deriva approfitta il gruppo jihadista al-Shabaab, che è spesso riuscito ad imporsi con la forza su questioni riguardanti la tutela ambientale. Così come nel 2018 stabilì il divieto di utilizzare sacchetti di plastica monouso, pare che ad oggi si stia muovendo proprio nel tentativo di porre un freno all’abbattimento di alberi frondosi. Tuttavia, si tratta di un vincolo semplice da aggirare, dal momento che il trasporto di legno secco resta tuttora consentito e per i trafficanti è sufficiente liberare i rami da qualsiasi foglia per evitare di correre rischi. Questo perché anche la leadership del fronte islamista radicale intende mettere le mani sui ricavi dell’attività. Secondo una stima del 2014, il loro guadagno annuo si aggira tra i 6,5 e i 14,5 milioni di sterline.

Di fronte ad una situazione spaventosamente incontrollabile, è evidente la necessità di un intervento governativo, non solo per arrestare la corruzione dilagante ma, soprattutto, per evitare che il protrarsi dello sfruttamento dell’ambiente diventi il preludio di conseguenze ancora peggiori.

Elena Consuelo Godi
Studentessa della facoltà di Economia e management internazionale
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