giovedì, 25 Aprile 2024
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Terremoto in Siria: il presidente Assad ringrazia i «fratelli arabi» per gli aiuti forniti

Il 6 febbraio scorso un terremoto devastante ha colpito la Siria e la Turchia, provocando quasi 44.000 vittime e migliaia di feriti. Le scosse hanno dato al leader siriano, in passato in posizione isolata, l’opportunità di collaborare con i Paesi vicini

Nel suo primo discorso pubblico dopo il terremoto della scorsa settimana, il presidente Bashar al-Assad ha ringraziato le altre nazioni arabe per gli aiuti e i soccorsi prestati dopo un lungo periodo di relazioni incrinate.

«In mezzo al nostro dolore e alla nostra tristezza non dovremmo omettere di ringraziare tutti i Paesi che sono stati al nostro fianco fin dalle prime ore del disastro, i nostri fratelli arabi e i nostri amici, la cui assistenza in natura e sul campo ha avuto il massimo impatto nel rafforzare le nostre capacità» ha dichiarato Assad.

Nonostante la situazione di isolamento in cui si trovava il presidente, in seguito al terremoto sono state numerose le visite di diplomatici arabi in Siria. Al-Assad ha incontrato il Ministro degli Esteri degli Emirati Arabi, Abdullah bin Zayed.

I legami tra la Siria e gli Emirati Arabi Uniti sono stati ripristinati alla fine del 2018. Grazie a questa ritrovata sintonia circa la metà degli aerei carichi di aiuti umanitari atterrati in Siria proviene dal Paese arabo.

Anche l’Arabia Saudita ha inviato due aerei con aiuti da martedì, per la prima volta in più di un decennio, come riportato da Al Jazeera.

«L’entità del disastro e i compiti che tutti noi dovremmo affrontare sono molto più grandi delle capacità disponibili», ha dichiarato al-Assad. «Quello che dovremo affrontare per mesi e anni, in termini di sfide economiche, sociali e di servizi, non è meno importante di quello che abbiamo affrontato nei primi giorni».

Tuttavia, molti critici hanno sostenuto che al-Assad stesso, nel corso degli anni, ha usato gli aiuti e l’assistenza umanitaria per punire le parti del Paese controllate dai ribelli.

Anche dopo i terremoti della scorsa settimana, gli aiuti hanno tardato ad arrivare nel nord-ovest controllato dall’opposizione. Un primo convoglio umanitario delle Nazioni Unite ha attraversato il 9 febbraio scorso quello che allora era l’unico punto di confine autorizzato, Bab al-Hawa.

Tuttavia, il capo del gruppo di soccorso dell’opposizione siriana, i Caschi Bianchi, ha denunciato la decisione delle Nazioni Unite di chiedere l’autorizzazione ad al-Assad per i passaggi di frontiera, affermando che questo gli ha permesso di ottenere un «guadagno politico».

Gli Stati Uniti hanno anche esentato gli aiuti per il terremoto dalle dure sanzioni imposte al Paese per un periodo di sei mesi.

Irene Iannotta
Studentessa della Facoltà di Scienze della Politica e delle Dinamiche Psico-Sociali
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