L’industria cinematografica è sempre più specchio delle tensioni sociali. Un tempo veicolo di pura evasione, il cinema si trova oggi a navigare un panorama complesso, dove ogni scelta artistica può diventare un caso politico. In tal senso, il remake live-action di Biancaneve, ancor prima di arrivare nelle sale, è l’ennesima dimostrazione di come l’intrattenimento non possa più prescindere dal dibattito culturale.
Come riportato dalla BBC, le prime controversie sono nate con la scelta della protagonista: Rachel Zegler, attrice di origini colombiane, ha suscitato reazioni contrastanti. Da un lato, c’è chi vede in questa decisione un passo verso una maggiore inclusività; dall’altro, chi accusa Disney di aderire a un’agenda progressista, alterando l’iconografia originale. A infiammare ulteriormente il dibattito sono state le dichiarazioni della stessa Zegler, che ha definito la fiaba obsoleta e il principe un “persecutore”. Un’opinione forte, che ha spaccato il pubblico tra chi chiede un’evoluzione dei racconti classici e chi difende la loro integrità narrativa.
Ma il dibattito ha presto superato il confine della rilettura fiabesca. Come sottolineato dalla BBC, il film è stato travolto da tensioni geopolitiche a causa delle posizioni politiche delle sue attrici principali. Zegler ha espresso sostegno alla causa palestinese, mentre Gal Gadot, che interpreta la Regina Cattiva, ha manifestato il proprio appoggio a Israele. La sovrapposizione tra spettacolo e politica ha così trasformato Biancaneve in un ulteriore simbolo di polarizzazione. Il clima si è ulteriormente acceso dopo le elezioni presidenziali statunitensi del 2024, quando un commento di Zegler sui sostenitori di Trump ha suscitato reazioni veementi, costringendola a una pubblica rettifica.
Un altro punto controverso riguarda i sette nani. Peter Dinklage, celebre attore con nanismo, ha criticato il film per perpetuare stereotipi ormai superati. Per rispondere alle polemiche, Disney ha sostituito i nani con creature magiche in CGI, una scelta che però ha scatenato le proteste di attori che vi hanno visto sfumare un’importante opportunità professionale. Una scelta che, anziché risolvere la questione, ha sollevato nuovi interrogativi sul confine tra sensibilità culturale e penalizzazione professionale.
Ma oltre alle polemiche, resta una domanda: il film sarà all’altezza delle aspettative? Il trailer ha ricevuto critiche per la qualità della CGI e una resa visiva poco ispirata. Anche la colonna sonora, curata da Benj Pasek e Justin Paul (La La Land), ha ricevuto un’accoglienza tiepida, alimentando il timore che la pellicola possa deludere non solo sul piano ideologico, ma anche su quello artistico. Con un budget di oltre 200 milioni di dollari, il rischio di un flop commerciale è concreto.
Il caso di Biancaneve è pertanto emblematico di un fenomeno più ampio. Non si tratta più di adattare un classico, ma di capire come le battaglie culturali stiano ridefinendo le storie che raccontiamo. La pellicola diventa così un test per la nostra capacità di accogliere le differenze senza cadere nella polarizzazione. Sarà il pubblico a decidere il destino di Biancaneve: premiarla come un’evoluzione o condannarla come un tradimento. Al di là dei numeri al botteghino, il film riflette le tensioni del nostro tempo, dove ogni opera diventa il termometro di un’epoca in crisi.