sabato, 23 Novembre 2024
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Amnesty International accusa Israele di attuare l’apartheid contro i palestinesi

Amnesty International ha denunciato il sistema di dominazione e di oppressione che Israele riserva alla popolazione palestinese. La ONG ha richiesto un embargo totale delle armi a Israele, che ha respinto le accuse, definendole “assolutamente false e calunniose”. 

In un rapporto pubblicato martedì 1° febbraio, l’organizzazione Amnesty International ha accusato Israele di praticare l’apartheid (discriminazione razziale) contro la popolazione palestinese. Secondo quanto emerso dalla relazione, infatti, lo Stato di Israele sta imponendo un sistema di oppressione e di dominazione ai danni dei palestinesi che vivono in tutti quei territori posti sotto il suo controllo, ma con maggior violenza nei Territori Palestinesi Occupati.

L’indagine di Amnesty, avviata nel 2017 con lo scopo di analizzare le politiche applicate da Israele sul popolo palestinese, ha documentato molteplici soprusi: da confische massicce di terre e proprietà, omicidi illegittimi e trasferimenti forzati, fino a restrizioni nella circolazione e negazioni della nazionalità e cittadinanza.

In una conferenza stampa a Gerusalemme, l’Organizzazione si è rivolta alla comunità internazionale invitandola a non essere complice di un sistema istituzionalizzato costruito sull’oppressione razziale e appoggiato da milioni di persone. Esortando, infine, tutti gli Stati che esercitano la giurisdizione universale a contrastare con le armi del diritto coloro che si macchiano di crimini simili.

L’attivista francese e Segretaria Generale di Amnesty International, Agnès Callamard ha evidenziato che, il popolo palestinese è trattato come un gruppo razziale inferiore a cui vengono sistematicamente negati i diritti; pertanto la comunità internazionale ha il dovere di intervenire.

Amnesty International ha sottolineato che la popolazione palestinese è considerata una minaccia demografica. L’Organizzazione infatti, ha sostenuto che le discriminazioni contro il popolo della Palestina sono legate alla loro condizione socio-culturale di arabi e non ebrei. Questa ghettizzazione risulta essere rafforzata anche da alcune leggi, come quella che nega ai palestinesi residenti in Israele di ottenere la cittadinanza.

Inoltre, la popolazione è costantemente impossibilitata a spostarsi liberamente nei territori occupati, senza un’apposita autorizzazione dei militari di Israele (la quale ne dà giustificazioni di sicurezza).

La ONG dinnanzi alla gravità delle violenze documentate, ha richiesto alla comunità internazionale un drastico cambiamento di approccio, a cominciare da un embargo totale delle armi a Israele. Tuttavia, il Dipartimento di Stato Usa ha rifiutato di considerare le azioni israeliane come apartheid.

Israele, infatti, ha respinto le accuse, definendole “assolutamente false e calunniose”. 

Attraverso un comunicato, il Ministro degli Esteri israeliano Yair Lapid ha denunciato Amnesty International di aver riportato “falsità, incoerenze e affermazioni infondate”, le quali si originano negli ambienti che fomentano l’odio contro gli ebrei.

Il rapporto è stato criticato altresì per il linguaggio estremista e la distorsione del contesto storico tracciato, il cui scopo, ha riportato il comunicato, era di demonizzare Israele e accrescere l’antisemitismo.

Il Ministro ha sostenuto come, invece, Amnesty non definisca né la Siria, il cui governo ha assassinato milioni di persone, né l’Iran o i Paesi corrotti dell’Africa e dell’America latina “Stati di apartheid”; mentre, se Israele non fosse uno Stato ebraico l’Organizzazione non muoverebbe accuse.

La reazione israeliana, dunque, è stata piuttosto accesa, il comunicato, infatti, si è concluso definendo Amnesty International una “organizzazione criminale”.

Denise Ciardiello
Studentessa della Facoltà di Scienze della Politica e delle Dinamiche Psico-Sociali
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