sabato, 23 Novembre 2024
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Elezioni Taiwan: la posizione della Cina

Lo scorso 13 gennaio, Taiwan ha eletto Lai Ching-te, leader del partito progressista democratico, il più ostile all’annessione di Taiwan sotto la Cina di Xi Jinping e filo indipendentista per eccellenza. Quanto influisce questa manovra sulle relazioni sino-taiwanesi?

Il 2024 si apre con le nuove elezioni nella Repubblica di Cina. Il nuovo presidente Lai dichiara di voler seguire la linea del suo precursore, Tsai. In sostanza: non auspica la riunificazione. 

Xi Jinping, invece, continua a rivendicare l’isola come parte della sua nazione e queste elezioni potrebbero esacerbare i rapporti, di per sé già tesi. Per il presidente cinese, Lai non è altro che un “piantagrane e separatista”, come riporta la BBC, e un faccia a faccia tra i due non pare sia contemplato al momento. D’altronde i canali di comunicazione sono interrotti dal 2016, ricorda il reporter da Taiwan.

Le relazioni, dunque, potrebbero farsi più aspre, la Cina potrebbe attuare strategie quali pressione economica e restrizioni commerciali più incalzanti per le nazioni che appoggiano e riconoscono Taipei indipendente; intensificare la minaccia militare via mare, facendo leva anche sull’inferiorità militare e di risorse dell’isola, delle quali quest’ultima ne è consapevole.  

“我们的未来将由我们自己决定”, ovvero “il nostro futuro dipende da noi stessi”, questa una frase riportata dal discorso di uno dei sostenitori che sottolinea il desiderio taiwanese comune di indipendenza e altresì sottolinea come la componente giovanile sia stata d’impatto nelle elezioni, nonostante i tentativi da parte della Cina di minare la campagna elettorale. La Cina avrebbe volentieri preferito la vittoria del Kuomintang, ossia l’opposizione, con il quale nel peggiore dei casi avrebbe avuto quantomeno un confronto. La suddetta opposizione teme l’attacco della Cina, motivo per cui nelle campagne si è dimostrata non tanto favorevole alla riannessione quanto propensa a mantenere i rapporti pacifici. I partiti avversi accusano il KMT di essere debole e poco propenso a proteggere l’identità nazionale di Taiwan. Insomma, Xi non si fa intimorire della salita al potere di Lai, ma nemmeno quest’ultimo ha intenzione di rendersi vulnerabile alle minacce del primo.   La situazione attualmente risulta statica nella tensione persistente, senza nessun segnale di guerra o di ulteriore fermento. Si attendono i prossimi mesi, l’insediamento del presidente e le azioni e gli interventi da parte delle altre nazioni.  

Significativa la posizione degli Stati Uniti, che dichiarano però di sostenere Taiwan in una sovranità di fatto e non in un’indipendenza vera e propria, confermata dalla visita non ufficiale di una delegazione americana sull’isola. 

Le sorti sembrano muoversi su un filo sottile e impercettibile e ogni minima tensione potrebbe risultare significativa.  

Cosa succederebbe se la Cina volesse attaccare? Che ruolo avrebbero gli Stati Uniti, tra l’altro in questo 2024 impegnati nelle elezioni presidenziali?  

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