domenica, 28 Aprile 2024
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Nagorno-Karabakh: la guerra lampo che ha lasciato 120 mila rifugiati

La regione è da sempre epicentro di scontri tra Armenia e Azerbaigian. La nuova operazione militare di Baku ha causato 120 mila sfollati armeni. Ora i due governi sembrano andare verso un accordo.

Il 19 settembre 2023 l’Azerbaigian ha iniziato un’operazione “anti-terrorismo” nella regione de Caucaso del Nagorno-Karabakh volta alla riconquista del territorio. L’offensiva militare ha visto una schiacciante vittoria azera, causando però il rapido esodo degli abitanti di etnia armena dalla regione. Lo scorso primo ottobre, infatti, più di 100 mila rifugiati sono arrivati nella capitale armena di Erevan, spaventati dai continui scontri con le forze azere ed esausti a causa dei mesi di isolamento e di occupazione subiti.

La regione del Caucaso è da sempre oggetto di disputa territoriale tra l’Azerbaigian, che ne detiene la sovranità de iure, e l’autoproclamata Repubblica armena dell’Artsakh, non riconosciuta a livello internazionale.

La contesa è iniziata il secolo scorso. Dopo la dissoluzione dell’URSS e la nascita degli Stati sovrani negli ex territori sovietici, la regione è stata reclamata sia dall’Azerbaijan sia dall’Armenia e segnata da due importanti guerre. La prima scoppiata nel 1992, a seguito della proclamazione della Repubblica. Lo scontro portò alla morte di circa 30’000 persone. Nel ’94 fu firmato il cessate il fuoco ma, il post-conflitto fu segnato da numerose violazioni dell’accordo da ambo le parti. La seconda guerra scoppia invece nel settembre del 2020, che solo la mediazione del presidente russo Putin, tra gli alleati dell’Armenia, ha potuto portare a termine. L’Azerbaigian in questa occasione ha occupato una larga parte del territorio del Nagorno–Karabakh, rivendicando il principio di integrità territoriale. Ma la regione è principalmente e storicamente abitata da popolazione di etnia armena, che rivendica il proprio diritto all’autodeterminazione.

A partire dallo scorso anno l’Azerbaigian ha iniziato ad isolare ed occupare la regione. Occupazione culminata il 19 settembre con il rilancio dell’operazione militare contro i separatisti armeni, notizia inizialmente riportata da Reuters.

All’arrivo delle Nazioni Unite si presenta, ormai, una zona deserta. Artak Beglaryan, ex-ufficiale separatista armeno, ha dichiarato su The Guardian che rimangono al massimo un centinaio di persone, molte delle quali funzionari, volontari e persone con disabilità. Sono state raccolte, inoltre, testimonianze di civili sfollati radunati a Erevan, come quella di Aren Harutyunyan, «Dov’erano gli osservatori internazionali quando stavamo morendo di fame?», dice l’uomo, facendo riflettere sui ritardi degli aiuti umanitari internazionali, «È troppo tardi ormai», aggiunge. Anche l’ex ministro degli affari esteri armeno Vartan Oskanian, in un’intervista rilasciata a La Stampa il primo ottobre, ha accusato la comunità internazionale di aver ignorato per mesi la situazione nel Caucaso «C’è stata una pulizia etnica, non c’è dubbio. L’Azerbaigian ha tenuto queste persone in isolamento per dieci mesi, questo è un atto di genocidio. […] Ora, stiamo assistendo alla deportazione e alla pulizia etnica di chi resta. Ad arresti sommari. È inaccettabile e deve essere condannato. Inoltre, c’è l’occupazione illegale». Anche Amnesty International fa notate che l’Azerbaigian non ha garantito fino ad ora la sicurezza del popolo del Nagorno-Karabakh.

Ad un mese dall’inizio della guerra, sembra essersi aperto uno spiraglio per la pace. Baku ha ormai riconquistato la regione e ottenuto lo scioglimento e il completo disarmo delle forze armate separatiste filo-armene, come riportato da Affari Internazionali. Il primo ministro dell’Armenia Nikol Pashinyan, invece, ha fatto sapere che firmerà un accordo di pace con l’Azerbaigian a breve, come riporta Rai News.

Lisia Petrini
Studentessa della Facoltà di Interpretariato e Traduzione
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