domenica, 28 Aprile 2024

Il caso Salis

Ratti nelle celle e catene in tribunale. Salis si dichiara «non colpevole» e rischia 11 anni

A Budapest, in Ungheria, la cella che Ilaria Salis condivide con un’altra detenuta «misura meno di 7 metri quadri» e le due sono costrette a «stare 23 ore su 24 in una cella completamente chiusa. Oltre alle cimici da letto, sia le celle che i corridoi sono infestate da scarafaggi e topi». Queste le parole dell’insegnante elementare originaria di Monza, che da circa un anno si trova rinchiusa nel carcere ungherese, come riporta il Guardian. Il caso Ilaria Salis è diventato di stampo internazionale quando il padre, Roberto Salis, ha deciso di mostrare le lettere inviategli dalla figlia riguardo alla situazione precaria e alle ingiustizie del carcere. A sconvolgere l’opinione pubblica è soprattutto un video che mostra Ilaria, in tribunale, con mani e piedi incatenati e una sorta di “guinzaglio” col quale viene tenuta da una poliziotta.

Salis è accusata di aver preso parte a un’aggressione contro alcuni neonazisti durante un raduno annuale a Budapest, il cosiddetto “Day of Honour”, una commemorazione dei caduti ungheresi durante l’assedio di Budapest del 1945.

«Sono stata lasciata senza carta igienica, sapone e assorbenti» sono alcune delle testimonianze della donna nelle lettere al padre. La BBC riporta le parole del servizio carcerario ungherese, il quale respinge le accuse della Salis come «false», aggiungendo che «le celle sono sottoposte a controlli di igiene costanti» e «i prigionieri ricevono un appropriato servizio sanitario». Riguardo quest’ultimo punto, Salis specifica nelle sue lettere che avrebbe dovuto effettuare una mammografia a metà marzo, ma non le è stato concesso fino a metà giugno. Inoltre, la donna afferma di non aver mai ricevuto i risultati, consegnati dalla clinica direttamente al medico carcerario, il quale si rifiuta di inviarli all’avvocato. Salis, per giunta, non ha mai potuto vedere il video dell’aggressione di cui è accusata, ed è stata costretta a firmare dei documenti in ungherese, senza traduzione.

Davanti alle accuse del padre e ai commenti del ministro degli Esteri Tajani, il quale afferma che «siamo nell’Unione Europea e i cittadini hanno diritti che devono essere rispettati», il portavoce del governo ungherese Zoltán Kovács scrive su X: «Certo, (Ilaria) era legata in tribunale, e sì, aveva già scontato 11 mesi in carcere. Ma si può davvero parlare di “trattamento inumano”? No, non direi. Piuttosto, di trattamento adeguato alla gravità del crimine di cui è accusata».

Il caso Salis è stato preso in considerazione dal Governo italiano che, durante un bilaterale Italia-Ungheria, ha esposto la questione al presidente Orbán. Quest’ultimo ha ribadito di potere soltanto chiedere un trattamento migliore in carcere, poiché la magistratura ungherese è indipendente dall’esecutivo. Inoltre, Roberto Salis è stato ricevuto dal Ministro degli Esteri Tajani e dal Ministro della Giustizia Nordio. L’obiettivo è quello di portare Ilaria ai domiciliari in Italia. Tuttavia, entrambi i ministri hanno ribadito che «i principi di sovranità giurisdizionale di uno Stato impediscono qualsiasi interferenza sia nella conduzione del processo sia nel mutamento dello status libertatis dell’indagato».

Allo stato attuale, Salis rischia 11 anni di carcere.

Laura Vargiu
Studentessa della Facoltà di Interpretariato e Traduzione
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