domenica, 24 Novembre 2024
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Haiti: lotta per la sopravvivenza per il Paese caraibico

Il Paese caraibico è vittima di una crisi a tuttotondo: sanitaria, alimentare e militare. I bambini, la fascia della popolazione maggiormente colpita

Nel mezzo di una delle peggiori crisi sociopolitiche della storia di Haiti, con il dilagare della violenza armata, si stima che almeno 2,6 milioni di bambini e adolescenti – un bambino su due – avranno bisogno di assistenza umanitaria d’emergenza entro il 2023, ha avvisato l’UNICEF a fine gennaio.

Negli ultimi due anni, questa cifra è aumentata di mezzo milione, poiché il crescente potere delle bande criminali e la riacutizzazione del colera, insieme alla precarietà alimentare e all’impennata dell’inflazione, hanno limitato l’accesso ai servizi igienico-sanitari, alimentari e idrici, così come all’istruzione, per milioni di persone.

«Questo è uno dei momenti più difficili che un bambino possa vivere ad Haiti dal terremoto del 2010, e la situazione peggiora di giorno in giorno», ha dichiarato Bruno Maes, rappresentante dell’UNICEF nel Paese caraibico.

Secondo quanto riportato da El País, questo è decisamente uno dei momenti peggiori degli ultimi 12 anni. Tutti gli indicatori mostrano una maggiore vulnerabilità dei bambini. Un bambino su cinque soffre di malnutrizione e uno su 20 è già a rischio di morte per lo stesso motivo a Cité Soleil, un quartiere della capitale Port-au-Prince, che è diventato uno dei peggiori scenari di violenza armata ad Haiti. Inoltre, un caso su tre di colera colpisce i bambini di età inferiore ai 10 anni.  

Nei primi quattro mesi dell’anno accademico (ottobre-febbraio), sarebbero state attaccate 72 scuole, rispetto alle otto dello stesso periodo dello scorso anno. A Port-au-Prince, circa 1,2 milioni di bambini son minacciati dalla violenza, riferisce inoltre il quotidiano spagnolo.

Decine di bande criminali controllano gran parte della capitale e della sua area metropolitana, dove vivono tre milioni di persone, un quarto della popolazione del Paese. La polizia, con circa 10.000 agenti, non è in grado di gestirli.

Lo scorso dicembre, le Nazioni Unite hanno stimato che il 60% del territorio di Port-au-Prince è sotto il potere delle bande criminali del territorio. Ciò implica uno stato di guerra de facto che pregiudica la quotidianità della popolazione.

La situazione sanitaria, inoltre, non accenna a migliorare. Nonostante gli scioperi, da mesi mancano ormai le condizioni minime per continuare a lavorare, mancano risorse mediche e una paga adeguata. Haiti sta lottando per sopravvivere. Medici, difensori dei diritti umani e responsabili di organizzazioni internazionali intervistati in questi giorni in città, così come le vittime della violenza e delle carenze dello Stato, dicono di non ricordare una situazione come quella degli ultimi sei mesi, nemmeno dopo l’assassinio del presidente Jovenel Moïse nel luglio 2021. «La situazione sta peggiorando sempre di più», spiega Benoit Vasseur, capo missione di Medici Senza Frontiere, che gestisce una delle più grandi reti di cliniche e ospedali di Port-au-Prince. «Tutte le istituzioni sono al collasso. Il sistema educativo, il sistema giudiziario… È un Paese che sta morendo».

Gianluigi Micelli
Studente della Facoltà di Interpretariato e Traduzione
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