Il 29 e 30 giugno si è tenuto a Madrid uno dei vertici più attesi dell’Alleanza Atlantica, data l’urgenza di decisioni in materia di sicurezza per cui i leader mondiali sono stati chiamati a consultarsi. Tra i temi in agenda figura la questione del possibile ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato, da tempo ostacolato dalla Turchia, che però ora sembra aver rinunciato alla propria ostinazione.
Ad annunciarlo è stato il Segretario generale dell’Alleanza, Jens Stoltenberg, che, alla vigilia dell’apertura dei lavori del vertice, ha comunicato il raggiungimento di un accordo fra la Turchia e i governi dei due paesi del Mar Baltico. In base a questo, le democrazie scandinave hanno acconsentito alla revoca dell’embargo sull’invio di armi ad Ankara, conseguenza dell’intervento militare turco in Siria nel 2019, impegnandosi a contrastare qualsiasi attività sul loro territorio a sostegno dei gruppi considerati dalla Turchia come terroristici. Il riferimento non è solo ai militanti del partito curdo del PKK (Partito dei lavoratori del Kurdistan), considerato anche dall’Unione Europea come organizzazione terroristica, ma anche alle forze siriane del Ypg (Unità di Protezione Popolare), così come a chiunque appoggi la causa dell’indipendenza curda, il cui contributo in Siria è stato fondamentale per la sconfitta dell’Isis. Inoltre, è stata concordata l’estradizione dei membri della comunità religiosa di Fethullah Gülen, ritenuto il principale responsabile del fallito golpe del 2016, volto a destituire il governo di Erdoğan.
Fino a qualche giorno fa, il presidente turco aveva fatto riferimento, in merito alle ragioni della sua contrarietà nei confronti dell’adesione alla Nato di Svezia e Finlandia, alle scelte politiche dei due paesi nel corso degli anni, bollandoli come sostenitori della lotta per l’indipendenza del popolo curdo, localizzato nelle regioni a sud della Turchia, in corrispondenza dei confini con Siria, Iraq e Iran, e continuamente nel mirino delle incursioni di Ankara.
È prevista anche l’istituzione di una commissione congiunta che vigili sul rispetto dell’accordo, che, trattandosi di un memorandum, non ha il valore di un trattato giuridicamente vincolante per le parti. Per questo, il Ministro degli Esteri svedese, Ann Linde, ha commentato che nessuno sarà estradato in mancanza di prove che ne attestino il coinvolgimento in attività di stampo terroristico e che per la gente curda non c’è motivo di pensare che questa decisione metterà in discussione i diritti umani o democratici di cui gode.
Sebbene questa svolta rappresenti un importante passo avanti per l’Alleanza, perché l’adesione sia ultimata è necessaria l’approvazione da parte dei parlamenti di ciascuno stato membro, processo nel corso del quale non si esclude che Erdoğan possa ancora ritornare sui propri passi, magari avanzando ulteriori pretese.
Nel frattempo, poche ore dopo la notizia della firma dell’accordo trilaterale, il presidente statunitense, Joe Biden, ha riferito di essere favorevole alla vendita di caccia F-16 alla Turchia. Si tratta di una richiesta già avanzata dalla controparte turca lo scorso ottobre, ma su cui Washington non si era ancora espressa, vista anche l’ambigua posizione di Ankara, che minaccia di potersi rivolgere a Mosca per ottenere i velivoli necessari al rafforzamento del proprio sistema di difesa aerea.
Il vicesegretario alla Difesa per gli affari di sicurezza internazionale del Pentagono, Celeste Wallander, ha affermato che il consolidamento delle capacità di difesa turche contribuirà al rafforzamento della Nato, mentre Biden ha riferito di considerare la questione in linea con gli interessi americani, sebbene l’ultima parola spetti al Congresso.