sabato, 27 Aprile 2024
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L’Italia e il grave problema dei femminicidi

I funerali di Giulia Cecchettin, svoltisi il 5 dicembre a Padova, sono l'occasione per fare il punto della situazione sull'arretratezza italiana circa il femminicidio

Il 25 novembre è stata la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, istituita dall’ONU in onore delle sorelle Mirabal: Patria, Minerva e Maria Teresa, attiviste uccise il 25 novembre 1960 dalla dittatura di Trujillo in Repubblica Dominicana. Numerose sono state le manifestazioni nelle principali città italiane, organizzate dal movimento “Non Una Di Meno”, con nutrita affluenza da parte di giovani e meno giovani.

Pochi giorni prima, il 18 novembre, era stato rinvenuto il corpo senza vita di Giulia Cecchettin, 102ª vittima di femminicidio su suolo italiano nel 2023, in pratica una ogni tre giorni. 87 di queste sono state uccise in ambito familiare e affettivo. Sebbene si trattasse di uno scenario già tristemente noto, l’Italia intera si è fermata e ha invocato per l’ennesima volta giustizia. Colpisce la nonchalance di alcuni, come i familiari dell’assassino Filippo Turetta, che fino all’ultimo lo definivano solo «un po’ possessivo» o dichiaravano che lui volesse bene a Giulia, tant’è che «le faceva i biscotti», secondo quanto riferito dal legale di Turetta. Continua a non essere una novità l’approccio dei media italiani ai casi di femminicidio: hanno continuato a concedergli il beneficio del dubbio chiamandolo «presunto assassino» fino all’ultimo. Ancor di più, insistendo nella pubblicazione di foto di coppia della vittima con il suo assassino, ritratti in momenti “felici”. Non sono nemmeno mancate polemiche alla Rai che, come riporta L’Espresso, ha l’abitudine ad assumere atteggiamenti incoerenti a riguardo. Per citarne uno, la comparsa del logo “La Rai dice basta alla violenza sulle donne”, con contestuale invito come ospite a Domenica In alla senatrice leghista Simonetta Matone, nota al pubblico per incolpare le madri che subiscono senza ribellarsi.

Non Una Di Meno invece dichiara che «la risposta è in una trasformazione radicale delle condizioni culturali e sociali che producono violenza, abusi, discriminazione e marginalizzazione delle donne, delle soggettività LGBTQIA+ e migranti». In tal senso, sarebbe intervenuto il Ministero dell’Istruzione presentando il piano “Educare alle relazioni”, seppur risulti inconcludente secondo i più, tanto da essere definito «infimo» dalla deputata del PD Rachele Scarpa sui social. I percorsi di educazione non saranno infatti obbligatori, ogni scuola potrà scegliere se farli, e in tal caso, in orari extracurricolari, previa autorizzazione dei genitori. Inoltre, non saranno coinvolti professionisti ma i soli docenti dopo aver svolto una formazione.

Non mancano, inoltre, numerose testimonianze via social di tutte quelle donne che denunciano e cercano aiuto, ma che non si sentono protette dalle istituzioni. In particolare, hanno suscitato clamore i commenti al post contro la violenza sulle donne pubblicato dalla Polizia di Stato, in cui migliaia di donne italiane hanno denunciato episodi di totale inadeguatezza nella gestione delle loro richieste.

In questo clima di incertezza, continuano ad aumentare i femminicidi, con altre quattro donne uccise subito dopo Giulia Cecchettin. Secondo l’Istat, il 20% degli uomini ancora si ostina a essere convinto che la violenza sia provocata dal modo di vestire delle donne. Aumenta inoltre il numero di orfani speciali, così come vengono definiti i minori che hanno assistito all’omicidio di uno dei due genitori, come anche gli assassini che beneficiano di sconti di pena. È esattamente quanto accaduto a Oscar Pistorius, ex campione paralimpico sudafricano, scarcerato anticipatamente nelle scorse settimane con la condizionale, appena dieci anni dopo aver ucciso la fidanzata, Reeva Steenkamp. 

Vanessa Rosa
Studentessa della facoltà di Economia (Marketing ed export digitale)
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